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Arrestati 3 presunti terroristi Torino, l’indagine dei Carabinieri

Nelle prime ore di lunedì 26 febbraio 2018, i Carabinieri del R.O.S. hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale del Riesame di Torino nei confronti di 3 cittadini tunisini di 27, 26 e 31 anni, ritenuti gravemente indiziati del reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale.
Il provvedimento restrittivo scaturisce dagli elementi raccolti nell’ambito delle attività condotte dal R.O.S. dei Carabinieri nell’ambito di una indagine convenzionalmente denominata TALIBAN e coordinata dalla Procura della Repubblica torinese.
Nel contesto delle attività di prevenzione e contrasto del fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters” e “lone wolves”, nell’autunno del 2015 era stato individuato un gruppo di cittadini tunisini giunti a Torino richiedendo un permesso di soggiorno per motivi di studio, iscrivendosi presso l’Università e rilasciando attestazioni non veritiere pur di ottenere titolo sia all’iscrizione, sia alla relativa borsa di studio. Gli stessi, sia pur regolarmente iscritti e fruitori di borsa di studio che azzerava la contribuzione universitaria, se da una parte non avevano mai frequentato le lezioni o sostenuto esami del proprio corso di Laurea, dall’altra erano dotati di profili Facebook i cui contenuti ne avevano fatto sospettare sin dall’inizio la vicinanza ad ambienti caratterizzati da ideologia dei gruppi terroristici di matrice islamista. Anzi, nel caso di due degli indagati, “tali contenuti erano chiaramente inneggianti allo Stato Islamico”, hanno dichiarato i Carabinieri.
Successivamente alla fittizia iscrizione presso l’ateneo piemontese, gli indagati avevano iniziato a spostarsi tra Torino e Pisa, insediandosi definitivamente in quest’ultima città per gestire un’intensa attività criminale di traffico di sostanze stupefacenti.
“Nel corso della complessa ed articolata indagine – hanno specificato ancora i Carabinieri –, sviluppata anche grazie alle intercettazioni telefoniche e telematiche, oltre che con mirati servizi di osservazione e pedinamento, è emersa l’esistenza di un gruppo criminale, composto dai tunisini indagati, che era riuscito ad inserirsi nel tessuto sociale, specie tra le fasce dei più giovani, dedicandosi a svariate attività delittuose, specialmente al traffico di sostanze stupefacenti ed i cui membri avevano parallelamente aderito allo IS (Islamic State), con particolare riferimento alla fazione di Ansar al-Sharia in Tunisia, manifestando un celato ma spiccato sentimento anti occidentale e la condivisione dei più violenti propositi dell’Islam radicale, nonché condividendo su internet materiale di propaganda jihadista”.
“Inoltre, la pericolosità sociale degli indagati – hanno proseguito – è emersa sia dalle loro frequentazioni, sia dall’asserita partecipazione ad un comizio di Ansar Al-Shari’a (organizzazione terroristica di origine egiziana, aderente allo IS e presente nell’area del Sinai) a Tunisi, tenuto dal leader dei salafiti della Tunisia (sospettato di essere la mente degli attentati al museo del Bardo ed a Sousse, ucciso il 14.06.2015 dai bombardamenti dell’Aeronautica USA), sia dall’ammirazione e dal sostegno espressi tramite i social network nei confronti di militanti morti nei teatri di guerra per la causa jihadista.
Nel corso dell’indagine TALIBAN, inoltre:
– si è appurato che due soggetti identificati e appartenenti alla cerchia relazionale degli odierni indagati erano partiti per la Siria come foreign fighters, dove poi sarebbero morti in combattimento;
– il 19.08.2016, uno dei soggetti è stato espulso con decreto del Ministro dell’Interno, su richiesta del R.O.S., lasciando trasparire la volontà di un suo possibile, imminente martirio poiché il 11.08.2016 aveva postato sul proprio profilo Facebook una sorta di epitaffio in lingua araba, in cui ringraziava i genitori, gli amici stranieri e tutti i suoi amici morti come martiri (shahid), esaltando l’eroismo dei combattenti e salutando tutti fino al giorno della sua morte; in particolare, al termine del post campeggiava la data dell’11.08.2016 con l’indicazione di Pisa e, immediatamente dopo, aveva cambiato l’immagine del suo profilo, pubblicando la foto di un uomo che impugnava una pistola nell’atto di caricarla per prepararsi a sparare;
– Un terzo indagato si è allontanato dal Territorio Nazionale;
– in attesa della conclusione delle indagini relative ai fatti di terrorismo, i rimanenti tre soggetti, erano già stati ristretti in custodia cautelare, prima in carcere e poi agli arresti domiciliari nelle province di Pisa e Varese, per traffico di sostanze stupefacenti grazie alle acquisizioni relative al traffico di droga nell’ambito di questa stessa indagine.
in particolare:
– il 6.12.2016 uno degli indagati era stato arrestato in esecuzione di un Decreto di Fermo di indiziato di delitto emesso dalla P.M. di Torino per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e decine di episodi di spaccio e traffico, in relazione alla concreta possibilità che lo stesso lasciasse l’Italia;
– il 7.12.2016 il G.I.P. di Torino aveva convalidato il Fermo di tale indagato, emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e, dichiarata la propria incompetenza per territorio, aveva trasmesso il relativo fascicolo all’A.G. di Pisa; il successivo 19 dicembre il G.I.P. di Pisa avrebbe poi rinnovato il provvedimento cautelare;
– pochi giorni più tardi, la Procura di Pisa aveva richiesto al G.I.P. presso il Tribunale di quello stesso capoluogo l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di altri due degli indagati per traffico e spaccio di stupefacenti, ordinanza poi emessa il 21.12.2016 ed eseguita dal R.O.S. il giorno successivo.
– Nel frattempo, nel maggio del 2017 la Procura della Repubblica di Torino aveva richiesto al G.I.P. l’emissione di un provvedimento cautelare nei confronti di tutti e 5 gli indagati per il reato di associazione finalizzata al terrorismo internazionale.
Nel successivo mese di giugno, il G.I.P. di Torino aveva però rigettato tale richiesta di applicazione di misura cautelare. In particolare, dopo aver esaminato gli elementi raccolti a carico di ciascun indagato, come sintetizzato dall’estensore dell’Ordinanza del Tribunale del Riesame eseguita nella giornata odierna, «il G.I.P. concludeva, infine, per la sussistenza di condotte che, ‘per quanto espressive di una forte pericolosità sociale di tutti gli indagati, rimangono nell’ambito di una nebulosa e non inequivoca fase di possibile progressiva radicalizzazione ed estremizzazione e non varcano (allo stato) la soglia del penalmente rilevante’, pur dovendosi mantenere ‘massimi controlli di pubblica sicurezza nei loro confronti’».
Alla fine di quello stesso mese di giugno, avverso tale rigetto la Procura aveva proposto appello al Tribunale del Riesame, che, all’esito dell’udienza camerale tenutasi lo scorso 26 ottobre, aveva ribaltato il rigetto del G.I.P., applicando la custodia cautelare in carcere a tutti i cinque indagati.
Ma, in questi casi, il codice di procedura penale prevede che il provvedimento cautelare non acquisisca efficacia prima che, alternativamente, siano scaduti i termini per ricorrere in Cassazione o, se proposto il ricorso alla Suprema Corte, questa non lo abbia respinto.
Due dei soggetti non avevano inteso proporre ricorso e così nei loro confronti l’Ordinanza del Riesame è divenuta esecutiva nel mese di dicembre. Ciò nondimeno, trovandosi entrambi all’estero, nei loro confronti la misura cautelare non è ancora stata eseguita.
Per quanto riguarda gli odierni arrestati, all’udienza tenutasi nella giornata di ieri, 23 febbraio, il competente collegio della VI Sezione penale della Cassazione ne aveva respinto il ricorso avverso l’Ordinanza del Riesame, che era così diventata esecutiva anche nei loro confronti.

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