Cultura e Società

Film “Il colore dell’erba”, debutto a Torino per il primo film per non vedenti

moleAl posto di “vado al cinema a vedere un film”, sarà meglio dire “vado al cinema a sentire un film”. Almeno nel caso di ‘Il colore dell’erba’ di Juliane Biasi Hendel, prima pellicola per non vedenti che sarà presentata in anteprima italiana lunedì prossimo al Cinema Massimo di Torino, e che da febbraio arriverà nelle sale delle principali città italiane, tra le quali Milano, Bologna, Roma e Trento.
‘Il colore dell’erba’ è un road movie su due giovanissime amiche non vedenti prodotto da Kuraj e da Indyca, con il sostegno del Mibact, di Trentino Film Commission, Piemonte Doc Film Fund e Rai 3 (Doc 3) e con il patrocinio dell’UICI – Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti.
Il film offre una esperienza sensoriale unica grazie alla costruzione di un vero e proprio ‘paesaggio sonoro’ che lo rende visibile ‘a occhi chiusi’, per essere percepito anche da un pubblico di non vedenti. La pellicola si avvale del contributo del sound designer Mirco Mencacci, istituzione nel mondo del sonoro, già collaboratore di Marco Tullio Giordana, Ferzan Ozpetek, e Michelangelo Antonioni. Mencacci ha creato assieme alla regista e il team Indyca un universo sonoro che ripropone il mondo non solo fisico ma anche emotivo delle sue giovani protagoniste nel quale immergere gli spettatori e che, per la prima volta al cinema, permette di unire nella visione persone vedenti e non vedenti.
“Le protagoniste mostrano come la ‘paura del buio’ riguarda tutti – spiega la Biasi Hendel – e il film restituisce questa universalità anche da un punto di vista formale”. Frutto di un lavoro di oltre quattro anni, ‘Il colore dell’erba’ racconta la storia vera di Giorgia e Giona, due giovanissime ragazze non vedenti in cammino verso l’indipendenza. Non possono vedere ciò che le circonda, ma le paure, le emozioni, gli impegni che la vita impone sono eguali a quelle di tutti i loro coetanei.
Una passeggiata da sole fino a un lago diventa una sfida appassionata che le porta a misurarsi con se stesse ed è metafora dell’adolescenza, età rivoluzionaria e delicata in cui si lascia per la prima volta l’uscio di casa per affrontare il mondo in modo indipendente.
Mi piace scoprire nuovi mondi e anche l’adolescenza lo è – afferma la regista. – È un’età in cui la paura dell’ignoto invade e al tempo stesso spinge a conoscere il mondo. Giorgia e Giona diventano un esempio vivente di come questa paura possa essere affrontata, qualunque sia la sfida, per riscoprirsi ancora più forti“. (fonte: adnkronos.com)

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