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Intervista a Earl Slick, da “Fist Full of Devils” a David Bowie e John Lennon

Una bella sorpresa per l’estate di CronacaTorino con un tuffo nel mondo della grande musica. L’ospite di oggi è Earl Slick, all’anagrafe Frank Madaloni, che ci racconta il nuovo disco “Fist Full of Devils” e l’esperienza al fianco di David Bowie.
Un modo per augurare a tutti i lettori buona estate.
Ecco cosa ci ha raccontato:
Ciao Earl, come è stato questo periodo senza concerti?

Molto strano, è più di un anno che non suono e che non ci sono concerti. Non vedo l’ora di tornare sul palco, quando prima mi fermavo ero io a scegliere e in questi mesi non ho potuto scegliere niente. Quindi… Wow…
Ti ha ispirato diversamente questa pausa forzata?
Non so se mi abbia ispirato. Quando sei in tour si suona e basta, non pensi, ma fai quello. La cosa che la pandemia mi ha portato è stato il pensare: “Cavoli, non sono più lì ed è davvero strano”. Più che una ispirazione la pandemia mi ha portato al riflettere sul concetto di normale, cavoli, nessuno ha potuto più lavorare ed è stato davvero strano.
In questo 2021 c’è stata l’uscita di “Fist Full of Devils”. Cosa devono aspettarsi i fan da questo disco?
Abbiamo fatto uscire questo disco all’inizio di luglio. Le registrazioni erano state fatte nel 2014, con la situazione attuale dell’industria musicale però non sapevo davvero cosa fare quando avrei finito le canzoni. Non sapevo se far uscire l’album tramite una casa discografica o farlo io per conto mio, poi ho cominciato con i Tour e mi sono completamente dimenticato di quelle registrazioni che erano lì ad aspettare.
Oliver Geywitz, della Schnitzel Records, mi contattò lo scorso novembre e mi chiese se avessi del nuovo materiale. Lo ha ascoltato e gli è piaciuto, quindi abbiamo fatto uscire questo disco anche con una stampa limitata in vinile.
Ora che i concerti ricominceranno sarò in Gran Bretagna a Novembre per alcune date.
Hai parlato dei concerti di novembre, cosa provi nel sapere che finalmente tornerai sul palco?
Credo sia tutto molto strano, ho alcuni amici che stanno preparando dei concerti e l’atmosfera è un po’ sullo stile: “Possiamo davvero farlo?”
Sai, siamo stati davvero fermi tanto e c’è un po’ di emozione quindi nel sapere che riprenderemo… Non vedo l’ora che il primo concerto sia finito, ma solo per dire che è tutto vero.
Hai suonato in Italia molte volte, hai qualche ricordo particolare legato al nostro Paese?
Io amo l’Italia, tutte le volte che sono stato lì ho sempre avuto la fortuna di avere qualche giorno di riposo dai concerti. Feci un concerto con David Bowie, mi pare fosse il 2002, a Lucca e lì abbiamo avuto un giorno per poter girare. Abbiamo preso un treno con l’intenzione di andare a Firenze, ma le ferrovie italiane non hanno funzionato così bene. Il nostro treno aveva due ore di ritardo e alla fine abbiamo deciso di visitare Lucca. Fu meraviglioso, ero stato a Firenze in passato, ma Lucca è davvero meravigliosa. Poi sai la mia famiglia arriva da Bari e quindi era un po’ come essere a casa in Italia.
In una recente intervista hai detto che David Bowie ti ha cambiato completamente la vita. In che modo questo è successo?
David mi ha cambiato la vita in più modi, quando lo conobbi eravamo a New York e stavamo suonando dei concerti lì. Ero molto vicino a firmare un contratto con la mia band e ho preso la decisione di suonare con lui piuttosto che firmare. Ero molto giovane e lui mi insegnò a lavorare all’interno di questo mondo. All’epoca lui era un punto di riferimento, il grande artista.
Mi insegnò a stare su un palco, a registrare in studio e tutte quelle cose che non avevo mai fatto a un livello così alto. Cambio drasticamente il mio modo di vedere le cose perché non era il tipico artista, ma pensava a come evolversi e a cercare cose nuove. Cose che oggi mi sembrano normalissime, ma che all’epoca erano qualcosa che ti faceva restare a bocca aperta.
C’è un momento, legato a David, che ti resterà per sempre impresso nella memoria?
Caspita, ce ne sono diversi. Abbiamo lavorato insieme per parecchio, tornai con la sua band alla fine del 1999 e ricordo uno dei primi concerti che facemmo a New York. Ero sul palco, mi guardavo intorno e pensai a quanto mi fosse mancata quell’energia.
Parliamo del primo o del secondo concerto che facevamo da quando ero tornato nella band, mi mancava quella sensazione di meraviglia e mi manca ancora oggi. Questo credo sia uno dei ricordi più belli che ho con lui, più importante della volta in cui ci siamo conosciuti.
Hai suonato anche su due album con Yoko Ono e John Lennon. Che esperienza è stata?
Un qualcosa di grandioso. Parlando dei Beatles, John e George erano i miei preferiti. Ho lavorato con George nel 1986 per alcuni giorni a Londra, ma con John è stata una esperienza grandiosa.
Non lo avevo mai conosciuto prima e non sai mai come andrà quando incontri una persona che ammiri davvero. Non sai se quella persona sarà un perfetto idiota e dopo ti ritroverai a pensare di aver ammirato per tutta la vita uno così. Con John non fu quel caso, lui era ancora meglio di quanto potessi immaginare. Il conoscerlo fu grandioso e il lavorare insieme fu qualcosa di davvero bello.
Una delle tue canzoni non è più ascoltata solo sulla Terra, ma anche nello spazio
Questa è davvero divertente perché registrammo lo scorso anno in remoto questa versione di “Life on Mars”. Non sapevo chi cantasse per via appunto delle varie restrizioni. Quando lo show è uscito per il compleanno di David un mio amico mi ha chiamato dicendomi che ero finito su Marte! Gli chiesi di cosa stesse parlando e lui mi disse che la canzone con Yungblud era nello spazio. Pensai: “Wow, che figo!”
L’ho scoperto così, non ne avevo assolutamente idea.
Tornando sulla Terra, progetti per il prossimo futuro?
Tornerò in Gran Bretagna per i concerti di novembre, la prossima primavera vorrei tornare per suonare in Europa. Ora posso tornare a suonare, stavo pensando anche tra gennaio e febbraio di tornare in studio per alcune nuove idee. Ho ancora delle cose non ancora uscite e quindi penso che qualcosa faremo.
Insomma sei ancora un giovane musicista che vuole prendere a calci il mondo…
Sai, ho smesso di crescere quando avevo 15 anni. In molte cose è un bene, ma in altre decisamente no. (ride)
Non bisogna invecchiare, non importa cosa dice il tuo corpo, la testa deve essere sempre giovane. Credo sia una cosa che ho preso dalla mia famiglia, da italiani non sono diventati vecchi, anche quando avevano 80-90 anni sentivi la giovinezza dentro di loro. Era davvero una bella famiglia sai, sono cresciuto a Brooklyn e non so se questo centri qualcosa… Forse sono solo un Peter Pan che non vuole crescere mai.
L’Italia è ben presente dentro di te…
L’ultima volta che sono stato in Italia ho comprato un paio di bellissimi stivali che ho ancora. Mi dispiace però di non essere ancora stato a Bari, ho ancora dei parenti lì.
Non lo dico perché è l’Italia, ma il miglior cibo mangiato è stato lì e non nelle grandi città. Ricordo che a Lucca, in un posto davvero piccolo misero i tavoli in strada e ci dissero solo di sederci che al cibo avrebbero pensato loro. Pazzesco…
Non sono ancora riuscito a portare un mio concerto in Italia, ma spero di poter inserire alcune date italiane la prossima estate. Se le farò, voglio almeno 5 giorni per sole, cibo e comprare un altro paio di stivali.
Ultima domanda: un messaggio per i tuoi fans italiani
Spero di venire in Italia, non ci sono mai venuto da solo… Se comprate i biglietti per un mio concerto ci verrò di sicuro!
(Alessandro Gazzera)
Foto credit: Chuck Lanza

Si ringrazia Oliver Geywitz (Schnitzel Records) per la simpatia e disponibilità.

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