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Intervista a Blackbyrd McKnight, una vita per la musica

blackbyrd-mcknight-musicaI Red Hot Chili Peppers sono sulla cresta dell’onda in questo periodo con tanta nuova musica. Rimanendo in quel mondo magico andiamo a conoscere DeWayne Stephen “Blackbyrd” McKnight, chitarrista americano che negli anni si è fatto molto apprezzare nel mondo del funk.

Storico membro dei Parliament-Funkadelic (P-Funk), ha suonato con i Red Hot Chili Peppers, ma anche con il leggendario Miles Davis. Blackbyrd ha raccontato a CronacaTorino il suo mondo musicale a partire dal progressive funk rock per finire con dei bei ricordi tutti italiani. Ecco cosa ci ha raccontato:

Buongiorno Blackbyrd McKnight, come stai? Ci racconti la tua introduzione alla musica?
La mia introduzione alla musica è arrivata quando ero un bambino sdraiato nella sua culla. Poteva essere un qualsiasi momento dopo il 1954. Mia madre e mio padre erano appassionati di musica e questa c’era sempre nella nostra casa.
Papà aveva una collezione di dischi molto interessante di jazz, rhythm and blues e pop. Ricordo anche di essere andato in macchina con lui in vari posti, ma sempre con una stazione radio e qualche canzone. Alla mamma, invece, piaceva di più il rhythm and blues, ma anche molto il jazz.
Mio padre suonava il sax tenore in gioventù. Suonava in chiesa e ricordo di averlo visto con il suo strumento alcune volte. La mamma, invece, cantava, nel coro. La musica era intorno a me e io la amavo assorbendone la sua essenza.

Cosa ti ha convinto a iniziare a suonare?
Non c’è stato da convincermi o qualcosa di simile. Una volta che ho preso la chitarra e ho iniziato a capire le cose, non solo è stato divertente, ma anche relativamente facile e naturale per me. Per qualche motivo posso relazionarmi e raccogliere le cose abbastanza rapidamente. È diventata la mia migliore amica e quello che volevo fare più di ogni altra cosa.
Intorno all’età di sette anni avevo uno zio che aveva una chitarra in casa. Non ricordo di averlo visto suonare, ma andavo a casa sua e finivo per passare la maggior parte del tempo a suonarla. Lui deve aver visto del potenziale e me la lasciò portare a casa.
Ho passato tutto il mio tempo libero a insegnare a me stesso come suonare alcune delle cose più facili che potevo scegliere in quel momento. Penso che la prima canzone che ho imparato sia stata “Secret Agent Man Theme” da uno show televisivo, poi “Gloria”, poi “Soul Man” ed è così che è iniziato.

Quali sono state le tue prime influenze?
Come disse una volta un uomo saggio: “Sono stato influenzato da quasi tutto ciò che ho sentito e visto musicalmente”. Le mie influenze principali sono state BB King, Wes Montgomery, Kenny Burrell, Grant Green, Jimi Hendrix, Eric Clapton, Jeff Beck, Shuggie Otis, Charlie Byrd, Charlie Parker, Miles Davis, Thelonious Monk, Django, George Benson, The Four Freshmen, Dizzy Gillespie, Chico Hamilton, Nat King Cole, Count Basie, Duke Ellington, The McGuire Sisters, Dinah Washington, Sam Cooke, Marvin Gaye e Stevie Wonder. Questi sono solo alcuni dei nomi.

Progressive Funk Rock è certamente un genere interessante e innovativo. Come nasce?
Il Progressive Funk Rock inizia con tutta la musica da cui sono stato influenzato. Mentre stavo registrando il mio album ‘Bout Funkin’ Time ho dovuto inventare il genere per definire la mia musica e il Progressive Funk Rock è ciò che credo sia. È un misto di Funk, Rock e ha un’atmosfera progressiva progettata per farmi suonare la chitarra. Ho sentito che era giusto etichettare la mia musica in quel modo.

‘Bout Funkin’ Time è un bellissimo album. C’è una canzone a cui sei particolarmente legato?
Amo la mia musica, amo quello che faccio e quindi l’intero processo di pubblicazione di un album per la prima volta è stato eccitante e speciale per me. Per rispondere alla tua domanda direi che Funkarocholic, #3, #6, Graffiti on Your Street, Joke of the Butt e Funkin’ Where You Belong sono quelle che spiccano per me.

Come funziona il tuo processo creativo?
Il processo creativo è sempre in movimento, non si ferma mai. Varia perché non faccio sempre la stessa cosa.
Mi siedo al computer. Molte volte metto giù un paio di tracce come batteria, basso o synth base per iniziare per raccogliere le mie idee. Se ne trovo un qualcosa vado avanti e lo finisco. Per certi versi è molto semplice. Non esiste un processo o un modello regolare per creare.

Nuovi progetti?
C’è sempre qualcosa in programma, quindi restate sintonizzati, tutti. Qualcosa c’è!

La chimica con George Clinton si sente subito. Come descriveresti la vostra connessione musicale?
L’amore per la musica e il processo creativo sono sufficienti per far andare avanti entrambi. Sul palco sono sempre attento a quello che fa perché voglio essere sempre sulla sua stessa lunghezza d’onda.

Hai lavorato anche con i Red Hot Chili Peppers. Che esperienza è stata per te? Cosa ha lasciato nella tua musica?
Era un ambiente completamente diverso da quello a cui ero abituato. Quindi ci volle un po’ di tempo per abituarsi. Stiamo parlando di una band completamente diversa, ruoli, genere ecc.
Sono stato con i Red Hot Chili Peppers in Australia quando i P-Funk erano in tour con loro nel 2019 e mi sono divertito moltissimo. Un’esperienza stupenda!

Il prossimo capitolo della tua carriera?
Ovviamente continuare la mia carriera da solista. Ci sono ancora band con cui mi piacerebbe suonare, ma fare i miei dischi e andare in tour ora sono le massime priorità.  C’è stato il tempo in cui suonavo con altri, ma ora è il momento giusto per andare avanti da solo.

Un sogno nel cassetto?
Sì, direi che è un proseguimento della risposta precedente sul gestire con successo la mia carriera solista. Ora più che mai sembra il momento ed è ancora qualcosa per cui mi sforzo in questa vita.

Noi siamo italiani. Hai qualche ricordo particolare legato al nostro Paese?
Sì, quanto è bello il posto, ma anche quanto sono simpatiche le persone. Abbiamo fatto un concerto in una piazza in un paesino con la musica P Funk. La gente è uscita e si è divertita al massimo. Avevano le finestre aperte!
Potevi vederli ballare dentro le case e vivere la musica dalle finestre. È stato molto bello. Per non parlare del cibo. Adoro la cucina italiana e come viene presentata. Tutti erano felici!

Ultima domanda: il tuo messaggio ai lettori
Italia, è passato molto tempo dall’ultima volta che ti ho visto. Ti amo e spero di vederti molte altre volte… Magari con qualcosa di buono per il tuo buco dell’orecchio. Pace!
(A.G.)

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