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Il canto radio del Cygnus

A 2500 anni luce di distanza da noi nella costellazione del Cigno, si trova Cygnus loop, un’enorme nebulosa a emissione che occupa un’area pari a trentasei volte la Luna piena. Si tratta di un resto di supernova , o in termini poveri di ciò che resta di una stella dalla massa di circa venti volte quella del Sole che è esplosa tra i 20 mila e i 10 mila anni fa terminando la sua esistenza stellare. L’esplosione in supernova di questa stella ha provocato un’onda d’urto che si espande al ritmo di oltre 350 chilometri al secondo ai bordi della nebulosa. Proprio per il suo grande valore scientifico, il resto di supernova Cygnus Loop è protagonista di uno studio in corso di pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society da un gruppo di ricercatori guidati da Sara Loru dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).
Questo lavoro, che vede tra i firmatari numerosi ricercatori dell’INAF, si colloca all’interno una linea di ricerca innovativa basata sulla realizzazione di immagini di resti di supernovae con tecniche di scansione “continua” (On-The-Fly) per singoli radiotelescopi. In questo contesto i ricercatori hanno sfruttato le potenzialità di due importanti radiotelescopi italiani gestiti proprio dall’INAF per osservare Cygnus Loop in un intervallo di frequenza fino ad ora inesplorato, ovvero tra 7.0 e 24.8 GHz: la stazione di Medicina (vicino Bologna) e il Sardinia Radio Telescope (SRT, vicino Cagliari).
I resti di supernova sono costituiti dal materiale espulso in seguito a un’esplosione di supernova, il catastrofico atto finale dell’evoluzione di stelle di grande massa. L’evoluzione dei resti di supernova è strettamente legata all’interazione tra l’onda d’urto prodotto dal suo materiale in rapida espansione e il mezzo interstellare circostante. Le altissime energie coinvolte negli shock fanno sì che questi oggetti siano le più accreditate sorgenti di raggi cosmici della nostra galassia. Queste particelle (principalmente elettroni e protoni) sono responsabili dell’emissione non termica dei resti di supernova che copre spesso l’intero spettro elettromagnetico, dalla banda radio a quella gamma. Di conseguenza, lo studio di tale emissione permette di comprendere meglio i meccanismi di accelerazione delle particelle in quegli ambienti cosmici. In particolare, le immagini radio ad alte frequenze permettono di stimare l’energia massima degli elettroni accelerati e il valore del campo magnetico locale. Inoltre, lo studio di resti di supernova più antichi (dell’ordine dei 10 mila anni), e quindi più estesi, permette di analizzare le variazioni delle proprietà del mezzo interstellare su distanze di molte decine di anni luce attraverso le variazioni dell’emissione prodotta dai raggi cosmici.
Sara Loru, ricercatrice presso l’INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania e prima autrice dell’articolo, spiega: “Il resto di supernova Cygnus Loop rappresenta in questo senso una sfida a causa della sua grande estensione e della sua complessa morfologia. Le osservazioni eseguite con il radiotelescopio di Medicina ci hanno permesso di ottenere l’immagine dell’intero Cygnus Loop alla frequenza radio più alta mai ottenuta prima con un singolo radiotelescopio. Con SRT ci siamo invece focalizzati su due regioni: il filamento nord e il guscio (o shell) sud. I dati raccolti evidenziano un diverso comportamento spettrale che suggerisce un’evoluzione del filamento nord verso una condizione di shock radiativo, e una più efficiente produzione di raggi cosmici nel caso della shell sud. Utilizzando tutte le misure disponibili in letteratura sia nella banda radio che in quella gamma abbiamo studiato l’emissione di questo oggetto attraverso un complesso modello teorico che tiene conto degli effetti dovuti alla fuga delle particelle relativistiche dallo shock durante la vita del resto di supernova”.
Questo studio ha permesso di stimare l’energia massima delle particelle accelerate in Cygnus Loop, il valore del campo magnetico e l’efficienza di accelerazione. Il modello ha inoltre evidenziato un forte contributo degli elettroni nella banda gamma ad energie maggiori di quelle osservate finora e potenzialmente osservabili con i futuri telescopi Cerenkov.
“Si pongono così le basi per nuove sinergie tra le osservazioni nelle due bande eseguite con gli strumenti di ultima generazione. In questo quadro, il nostro lavoro dimostra le altissime potenzialità di SRT in termini di imaging radioastronomico di sorgenti galattiche estese, studi che potranno essere ampliati in futuro e resi ancora più promettenti dai ricevitori a più alte frequenze di cui è prevista l’integrazione”, conclude Loru.
L’articolo “New high-frequency radio observations of the Cygnus Loop supernova remnant with the Italian radio telescopes”, di Sara Loru, Alberto Pellizzoni, Elise Egron, Adriano Ingallinera, Giovanni Morlino, Silvia Celli, Grazia Umana, Corrado Trigilio, Paolo Leto, Maria Noemi Iacolina, Simona Righini, Patricia Reich, Sara Mulas, Marco Marongiu, Maura Pilia, Andrea Melis, Raimondo Concu, Filomena Bufano, Carla Simona Buemi, Francesco Cavallaro, Simone Riggi e Francesco Schillirò è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
I ricercatori coinvolti nello studio afferiscono agli osservatori INAF di Catania, di Cagliari, di Arcetri e all’Istituto di Radio Astronomia di Bologna, al Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza, al Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Cagliari, all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e al Max-Planck-Institut für Radioastronomie.
DIDASCALIE IMMAGINI ALLEGATE:
Cyg_Med_mJy.jpg: mappa dell’intero resto di supernova Cygnus Loop ottenuta con il radiotelescopio di Medicina alla frequenza di 8.5 GHz. Crediti: S. Loru et al.
CygB_C_mJy.jpg: mappa del filamento nord (NGC 6992) di Cygnus Loop ottenuta con SRT alla frequenza di 7.0 GHz. Crediti: S. Loru et al.
CygA_C_mJy.jpg: mappa della shell sud di Cygnus Loop ottenuta con SRT alla frequenza di 7.0 GHz. Crediti: S. Loru et al.
CygnusLoopNasa: https://www.nasa.gov/mission_pages/galex/pia15415.html
Notizie: Ufficio Stampa INAF

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