Scienza e Tecnologia

C’è vita su Giove? Le esplorazioni della sonda Juno

juno_4Passaggio ravvicinato su Giove per la sonda JUNO(JUpiter Near-polar Orbiter). Sabato 27 agosto 2016, alle 14:51 ora italiana, la sonda della NASA ha effettuato il suo flyby più prossimo al gigante gassoso di questa fase della missione, uno dei 37 previsti entro febbraio 2018. Un tuffo in un territorio inesplorato, a 4.200 chilometri di distanza dalle nubi vorticose di Giove, a una velocità di 208.000 chilometri orari rispetto al pianeta.
«È la prima volta da quando, lo scorso 4 luglio la sonda è entrata nell’orbita di Giove, che ci troviamo così vicini al pianeta – spiega Scott Bolton, principal investigator di JUNO, del Southwest Research Institute di San Antonio -. Prima di allora, abbiamo tenuto spenti i suoi strumenti, per concentrarci sui suoi razzi e la messa in orbita della sonda».
Quello di fine agosto 2016 è, quindi, il primo flyby in cui la sonda ha attivi tutti i suoi otto strumenti scientifici, pronti a sbirciare nel cuore di Giove per carpirne i segreti. Tra loro due strumenti italiani, realizzati entrambi con il supporto e il coordinamento dell’ASI. Il cuore scientifico di JUNO è la camera a infrarossi con spettrometro JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), realizzata da Leonardo-Finmeccanica sotto la guida scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Il suo compito è studiare la dinamica e la chimica delle aurore gioviane nel vicino infrarosso.
Il secondo concentrato di tecnologia “made in Italy” è l’esperimento di radioscienza KaT (Ka-bandTranslator/Transponder). Realizzato da Thales Alenia Space, sotto la responsabilità scientifica della Sapienza Università di Roma, analizzerà la struttura interna del pianeta, con l’obiettivo di mappare il campo di gravità di Giove.
Lanciata da Cape Canaveral nell’agosto 2011, JUNO è la prima missione a volare sui poli di Giove, ruotando su se stessa come una trottola spaziale. È anche la più lontana sonda umana alimentata a energia solare, grazie agli 11 pannelli che tappezzano i suoi 3 bracci lunghi 9 metri e mezzo, che coprono una superficie grande come un bilocale.
«È la nostra prima opportunità di dare davvero un’occhiata da vicino al re del nostro Sistema solare, e iniziare a scoprire come lavora – sottolinea Bolton -. Abbiamo ancora molti test da effettuare, ma siamo fiduciosi che ogni cosa andrà alla grande. Così – conclude lo scienziato della NASA -, per questo flyby gli occhi e le orecchie di JUNO, i nostri strumenti scientifici, sono tutti aperti».
Foto interna e Fonte: Asi.it articolo a firma di Davide Patitucci
Foto in evidenza: wikipedia.org

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