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Fredo Valla presenta il suo film “Ambin – La roccia e la piuma” a Cinema in Verticale

Giovedì 7 marzo 2024 alle ore 20:45, come sempre ad ingresso gratuito, la rassegna prosegue al cinema di Condove insieme a Fredo Valla che presenterà il suo film documentario “Ambin – La roccia e la piuma”.  Il regista condividerà con il pubblico le emozioni provate durante le riprese sul massiccio dell’Ambin, da lui stesso definito “un acrocoro, un deserto d’alta quota sul confine tra Italia e Francia, un incontro e scontro di lingue”.

Il film è stato prodotto da Ines Cavalcanti per Chambra d’Oc, dall’Unione Montana Alta Valle di Susa e dalla Regione Piemonte all’interno del progetto “AMB.ENIS – Interreg V-A Italia Francia ALCOTRA”, dedicato al grande massiccio montuoso che si staglia ai confini tra l’Italia e la Francia e che riunisce alle sue pendici una molteplicità di culture, tradizioni, paesi e persone molto diverse ma con radici comuni.

La sinossi del film Ambin – La roccia e la piuma

In fondo, “Ambin” è solo una “parola” scritta sulle mappe a indicare un insieme di montagne tra l’alta val Susa, la val Cenischia e il Moncenisio, rocce, sfasci morenici, ghiacciai… Affinché Ambin possa trasformarsi da semplice parola a “nome”, serve uno sguardo capace di posarsi su quelle montagne e su quelle rocce, capace di abitarle e di provare a dare loro una forma e un tempo.

Ma questo non è ancora sufficiente: serve una visione che quegli sguardi sappia cogliere e raccontare, per sottrarli all’oblio e alla loro fragile persistenza. Solo cosı̀ Ambin può risuonare dei passi dei soldati di Annibale, dei pellegrini, dei pastori, dei viandanti, ma anche del rombo di cannoni. Solo cosı̀ in quel nome si possono sentire scorrere ere che si perdono negli abissi del tempo, quando al posto delle montagne c’era un mare popolato da pesci. Oppure si possono ascoltare i pensieri fugaci di chi cammina in un mondo senza confini…

Frammenti di storie che per il tempo della visione del film “si sfiorano, si incontrano, si formano e si perdono in immagini dense, reali, antiche come pietra e, nel medesimo tempo fragili, come il passo di un funambolo sospeso sul vuoto di quelle montagne.

Le note di regia

La camera vola e ronza, con l’occhio sulle montagne… Ciò che vediamo (o crediamo di vedere), che si specchia nell’obiettivo lassù e  si riflette nei nostri occhi, è il Massiccio d’Ambin: un acrocoro, un deserto d’alta quota sul confine fra l’Italia e la Francia che l’aridità del mutare del clima colora nei toni dell’ocra. Quindici cime oltre i tremila metri. E laghi e roccia e ghiacciai… Crepacci come tagli che l’artista dei tempi caldi ha affondato (e disegnato) nel poco ghiaccio che resiste al cambiamento climatico.

Ma è davvero l’Ambin? O la sua apparenza?

Ciò che la montagna mostra di se all’obiettivo è il vero, il vasto Ambin? o il vero Ambin è altro e altro ancora. È l’immagine che muta nelle stagioni, nelle ere geologiche, nei tempi dell’uomo?

A esplorarlo, l’Ambin si rivela coscienza del nostro presente. Immagine riflessa nelle memorie del nostro passato. Si rivela ostacolo, montagna di inciampo e transito ai cammini dell’uomo: barriera e snodo. Luogo ostile e di ostilità, di fortezze e cannoni puntati, ma anche di pacifici sport, di esplorazioni di ghiacci e vette, e di boschi e di vacche, latte e formaggi.

Nella sua memoria di sasso e di ghiaccio, nella sua vastità, l’Ambin, arso di questi nostri tempi di mutazione climatica,  conserva l’immagine di eserciti e condottieri a cavallo, persino di elefanti, e passaggi di santi, di artisti, di papi… e giornate di sole, di vento, di neve, di tormente e valanghe, di antichissimi mari, e di pellegrini in viaggio… di colori bruciati, di sole, di acqua, di secchezza, di contrabbandieri, di cacciatori, fuggitivi e migranti… di animali sopravvissuti nella leggenda e nel ricordo. Persino di incontro (e scontro) di lingue: d’oc, francoprovenzale, italiano, francese… piemontese. Montagna vasta, l’Ambin: di confini aperti, di confini chiusi… perché l’Ambin è, non è… perché l’Ambin è… la montagna delle complessità.

Fredo Valla

Fredo Valla (1948) è documentarista, sceneggiatore, regista e organizzatore di eventi culturali (in particolare sui temi delle minoranze linguistiche). Con Giorgio Diritti scrive “Il Vento fa Il suo giro”, finalista al David di Donatello del 2008 (e nominato nella categoria “migliore sceneggiatura”); “Un giorno devi andare”, presentato al Sundance Film Festival nel 2012, e “Volevo nascondermi” che colleziona ben 17 candidature al Premio David di Donatello 2121.

Nel 2012 fonda L’AURA (in occitano significa “il vento”), scuola di cinema di Ostana. Negli stessi anni collabora con Pupi Avati alla realizzazione di documentari televisivi aventi come soggetto i paesi dell’Est dopo la fine del comunismo, le tradizioni popolari italiane, l’Europa sociale e le istituzioni culturali europee.

I suoi lavori cinematografici recenti sono “Più in alto delle nuvole”, dedicato all’impresa del primo trasvolatore delle Alpi Géo Chavez del 1910, “Non ne parliamo di questa guerra”, dedicato ai disertori e agli ammutinamenti dei militari italiani durante la Grande Guerra e “BOGRE – la grande eresia europea” dedicato all’eresia cataro-bogomı̀la che attraversò l’Europa del Medioevo, dalla Bulgaria, all’Italia, all’Occitania.

Nel 2020 è docente di sceneggiatura nei corsi di cinema della Fondazione Bellocchio. Per la scrittura e sceneggiatura di “Volevo nascondermi”, è stato premiato con il Nastro d’argento 2020.

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